6 skill di leadership che ogni manager deve avere

Perché alcuni manager riescono a guidare il loro team verso risultati straordinari, mentre altri, pur competenti tecnicamente, faticano a ottenere la vera leadership?

La differenza non sta nel carisma o in qualità innate, sta in competenze specifiche di pensiero che si possono acquisire e sviluppare.

Cos’è la leadership

Oggi vi parlerò di sei competenze fondamentali che ogni manager deve sviluppare per guidare efficacemente il proprio team verso il futuro.
Ma cosa intendiamo precisamente per “leadership”?
Il termine deriva dall’inglese “to lead”, che significa condurre, guidare.
La leadership è il processo attraverso cui una persona guida, mediante il suo potere di influenza che gli riconosce un gruppo, il gruppo stesso, ossia le persone che ne fanno parte, incidendo sulle loro decisioni, influenzando le loro decisioni e i conseguenti comportamenti.

Vi è stata una notevole evoluzione, tuttora in corso, sul significato e sul ruolo della leadership nelle varie epoche e nelle varie culture.
Oggi la leadership non è più o non è più solo potere di comando verticale o imposizione: è la capacità di creare influenza positiva, di facilitare la collaborazione, di guidare attraverso il pensiero e non solo attraverso il potere.
E proprio di questo parleremo oggi: delle competenze di pensiero che rendono efficace un leader moderno.
Queste non sono competenze innate: si possono acquisire e sviluppare attraverso tecniche di pensiero specifiche e verificate scientificamente.

Le competenze fondamentali di leadership che ogni manager dovrebbe avere

Le sei competenze che esploreremo oggi sono:

  1. la capacità di definire il focus e di guidare il gruppo nel processo di pensiero;
  2. la capacità di gestire il futuro;
  3. il desiderio di vincere come motore strategico;
  4. la capacità di generare alternative e superare i blocchi mentali;
  5. la capacità di orchestrare il contributo dei diversi partecipanti alla sessione di pensiero senza imposizioni;
  6. la capacità di utilizzare l’intelligenza artificiale come supporto strategico.

Prima competenza: la capacità di definire il focus e di guidare il gruppo nelle varie sessioni di pensiero

Un leader efficace sa dove dirigere l’attenzione del team. Senza un focus chiaro, anche il gruppo più talentuoso disperde energie in direzioni contrastanti. La capacità di definire il focus non significa semplicemente stabilire obiettivi, ma sapere identificare su cosa il team deve concentrare il proprio pensiero in ogni momento specifico.

Questa competenza trova la sua massima espressione nelle tecniche di pensiero elaborate dal Professor Edward de Bono.
Nella tecnica dei Sei cappelli per pensare o del pensiero parallelo ha un ruolo determinante il cappello blu.

Ricordiamo ora quali sono le tre discipline del cappello blu.
Il focus: il cappello blu decide cosa volete pensare.
La tecnica: il cappello blu sceglie il cappello corretto o la corretta sequenza di cappelli o il corretto tool del pensiero laterale da utilizzare.
Il tempo: il cappello blu pone limiti temporali e lavora al loro interno.

Queste tre discipline del cappello blu nell’uso di gruppo della tecnica dei Sei capelli per pensare potenziano la leadership di chi guida, indossando il cappello blu, la sessione di pensiero.
I partecipanti al processo di pensiero in una sessione in cui viene impiegata la tecnica dei Sei capelli per pensare saranno facilmente portati a lasciarsi guidare da chi indossa il cappello blu, appunto perché, avendo tutti deciso, conoscendone gli enormi benefici, di impiegare tale tecnica, riconoscono il ruolo di chi indossa il cappello blu e l’importanza delle funzioni che lo stesso è chiamato a svolgere.
Un’efficacissima leadership è pertanto naturalmente implicata dall’impiego della tecnica dei Sei cappelli per pensare in generale, e, in particolare, dal ruolo che viene riconosciuto in tale tecnica a chi indossa il cappello blu per guidare la sessione di pensiero, guidando i partecipanti alla stessa e richiamandoli, ove occorra, all’osservanza delle tre discipline, ossia del focus, della tecnica e del tempo.
Il cappello blu trasforma il leader da decisore solitario a regista del pensiero collettivo, del pensiero di gruppo attuato sotto la sua guida.

Seconda competenza: la capacità di gestire il futuro

Gestire il presente è necessario, ma un vero leader deve sapere gestire il futuro. Il futuro non si prevede, si progetta.

Per progettare il futuro serve il design thinking, un approccio che permette di progettare soluzioni innovative, invece di limitarsi ad affrontare e risolvere problemi, applicando precedenti soluzioni, attingendo al passato.
Il Professor Edward de Bono ha dimostrato come quando ci troviamo ad affrontare e a risolvere dei problemi, non è sempre possibile individuare la causa che ha determinato il sorgere del problema, e, in molti casi, anche se riusciamo a trovare la causa del problema, la sua rimozione non è sufficiente alla soluzione del problema. Quindi per la soluzione di molti problemi occorre ricorrere alle tecniche del design thinking, che riescono a trovare una soluzione per problemi di cui non è possibile identificare la causa, o di problemi in relazione ai quali la rimozione della possibile causa identificata non ne consente di individuare una soluzione adeguata.

Per comprendere adeguatamente il ruolo della competenza che stiamo illustrando, è necessario ricordare quali sono i limiti del comune modo di pensare che ha individuato il Professor Edward de Bono.

Il primo limite è costituito dalla circostanza che nel comune modo di pensare si utilizza il cosiddetto adversarial thinking, in cui tutti i pensatori tendono a fare prevalere la propria opinione preconfezionata, la propria tesi preconfezionata, su quella degli altri pensatori ad ogni costo, senza curarsi minimamente di analizzare/esaminare le proposte degli altri pensatori.

Il secondo limite è costituito dalla circostanza che viene data a prevalenza, nel comune modo di pensare, all’attività di processing, di elaborazione dei dati, rispetto alla preliminare attività di perception, di acquisizione e di verifica dei dati.

Un ultimo limite è costituito dalla circostanza che il nostro cervello, di default, procede secondo schemi e modelli che ne limitano fortemente la capacità di generare nuove idee.

Se non progetterete il vostro futuro, qualcun altro o qualcos’altro lo progetterà per voi. Il passato non è un progetto sufficiente per il futuro. Potete analizzare il passato, ma dovete progettare il futuro”.

Questa frase del Professor Edward de Bono è una delle sue frasi più efficaci, in quanto densa di molteplici significati.

Una prima rilevanza di questa frase consiste nel riferimento al design thinking, quando il Professor de Bono fa appunto riferimento all’attività di progettare il futuro.

Questa attività è possibile soltanto utilizzando le tecniche dei Sei cappelli per pensare, denominata anche tecnica del pensiero parallelo, e del pensiero laterale.

Con il pensiero parallelo, tecnica da me approfondita in altri articoli e video, vengono usate le sei frequenze di pensiero di cui è capace il nostro cervello, metaforicamente rappresentate dai Sei cappelli per pensare, quali strumenti per potenziare e indirizzare l’attenzione, in quanto appunto le frequenze di pensiero sono, per il Professor de Bono, delle attention directing frameworks, ossia delle strutture per indirizzare e potenziare l’attenzione.

Il pensiero parallelo, infatti, con le sei frequenze di pensiero di cui è capace il nostro cervello, riesce a gestire situazioni non gestibili con la tradizionale tecnica dell’adversarial thinking, del pensiero verticale, che è invece basata esclusivamente sulle categorie, sulle boxes della logica, che guardano esclusivamente al passato.
Il pensiero parallelo riesce invece a gestire efficacemente anche situazioni future.

Anche il pensiero laterale è uno strumento per realizzare il design thinking, in quanto appunto, generando nuove idee, riesce a gestire situazioni future diversamente ingestibili mediante il tradizionale pensiero verticale o adversarial thinking.
Il pensiero laterale genera alternative che il pensiero tradizionale, il comune modo di pensare, non vede.

Rientra nel design thinking anche la terza tecnica di pensiero da me insegnata, il cosiddetto strategic thinking o pensiero strategico, che serve a mettere a fuoco le problematiche.

Il metodo tradizionale di pensiero nelle organizzazioni è l’adversarial thinking. Due o più posizioni si scontrano, ognuno difende il proprio punto di vista, e alla fine vince il più convincente o il più autorevole. Questo approccio è utile per analizzare il passato, ma è completamente inadeguato per costruire il futuro.

Il pensiero parallelo, realizzato attraverso la tecnica dei Sei cappelli per pensare, rappresenta un cambio di paradigma radicale. Invece di fare scontrare le posizioni, tutti i partecipanti guardano nella stessa direzione contemporaneamente. Prima esplorano i benefici, poi i rischi, poi le emozioni, e così via. Questo approccio genera design thinking.
Tutti contribuiscono a costruire soluzioni nuove, invece di demolire le idee altrui.

Il design thinking è l’unico approccio che permette davvero di gestire il futuro, perché è generativo, non solo valutativo. Mentre l’adversarial thinking può, al massimo, scegliere tra alternative esistenti, il pensiero parallelo crea alternative che prima non esistevano.
Un leader che padroneggia questa distinzione trasforma il team da giudici di idee a architetti di possibilità.
Inoltre, il pensiero parallelo elimina le dinamiche ego-driven: non si tratta più di vincere un dibattito, ma di costruire insieme la migliore soluzione possibile.

Terza competenza: il desiderio di vincere come motore strategico

Il desiderio di vincere non è ambizione cieca o competitività fine a sé stessa.
È uno degli attributi del pensiero strategico, e costituisce il motore che alimenta lo stesso e guida le strategie dei leader che iniziano con il mettere a fuoco i vari problemi che si presentano.

Lo studioso Roger L. Martin, secondo il quale la strategia è un insieme coordinato e integrato di cinque scelte, ha identificato cinque domande strategiche essenziali che ogni leader deve porsi ed elaborare per attuare una strategia efficace.

Prima domanda: quali sono le nostre aspirazioni di vittoria? Cosa miriamo ad ottenere?

Seconda domanda: dove competeremo/opereremo/giocheremo?

Terza domanda: come vinceremo?

Quarta domanda: quali capacità devono essere disponibili, dobbiamo avere, per vincere?

Quinta domanda: quali sistemi di gestione sono necessari per vincere?

Queste domande non sono semplicemente analitiche: richiedono un desiderio autentico di eccellere, di raggiungere un obiettivo ambizioso. Senza questo desiderio, le risposte diventano formali, burocratiche, prive di energia trasformativa. Il desiderio di vincere, quale componente fondamentale del pensiero strategico, diventa la forza propulsiva che sostiene il leader nei momenti difficili.

Non si tratta di volere battere gli altri in modo distruttivo, ma di avere una visione così forte da mobilitare tutte le energie necessarie per realizzarla. Questo desiderio alimenta la persistenza, la capacità di affrontare ostacoli, e l’abilità di ispirare il team verso obiettivi sfidanti. Senza desiderio di vincere, le cinque domande di Martin rimangono esercizi intellettuali; con il desiderio di vincere diventano il motore di una strategia autentica.

Le tecniche di pensiero che insegno arricchiscono profondamente questo processo strategico. Infatti, la migliore risposta alle cinque domande di Roger Martin la troviamo nelle varie sequenze fisse di cappelli, di cui abbiamo trattato in un precedente articolo e in un precedente video, funzionali ad effettuare una scelta, in quanto appunto ognuna delle predette domande prevede una scelta.

Quarta competenza: la capacità di generare alternative e superare i blocchi mentali

Un leader viene chiamato tale proprio quando il team si trova di fronte a situazioni bloccate, quando le soluzioni tradizionali non funzionano più, quando serve una nuova direzione. La capacità di generare alternative non è creatività casuale o brainstorming senza metodo. È una competenza specifica, che si sviluppa attraverso il pensiero laterale del Professor Edward de Bono.

Il termine “pensiero laterale” può essere usato in due sensi, uno specifico, e un altro più generale. In senso specifico, per pensiero laterale si intende un set di tecniche sistematiche utilizzate per cambiare concetti e percezioni e per generare nuove idee.
In senso generale, invece, il termine pensiero laterale fa riferimento all’esplorazione di varie possibilità e approcci, invece che perseguire un singolo approccio. In senso generale, il pensiero laterale si occupa dell’esplorazione delle percezioni e dei concetti, ma, nel suo senso e significato specifico, si occupa del cambiamento delle percezioni e dei concetti.
Il termine “pensiero laterale” è pertanto riservato alle specifiche tecniche e tool che sono utilizzati in modo sistematico per generare nuove idee e nuovi concetti.

È importante ricordare la fondamentale differenza tra il brainstorming tradizionale e il pensiero laterale.
Solo il pensiero laterale consente, in base ai tool che vengono dallo stesso applicati, la sicura generazione di una molteplicità di idee, cosa che non è invece garantita dal brainstorming, in cui vi è semplicemente una libertà di proporre le prime idee che vengono in mente, ma manca una tecnica sistematica preordinata alla loro generazione.

Un leader che padroneggia il pensiero laterale acquisisce un vantaggio competitivo enorme: mentre gli altri manager vedono solo il problema (quando lo vedono) e si bloccano, limitandosi a tentare di risolverlo con la logica, ossia con soluzioni del problema già previste in passato quando lo stesso si è eventualmente presentato ed è stato risolto, il leader con pensiero laterale trova sempre un modo per attuare il purpose focus in modo altamente innovativo, mediante l’impiego dei vari tool del pensiero laterale.
Questa capacità è contagiosa: quando il leader dimostra che è possibile uscire dai blocchi mentali con metodi specifici, il team inizia a sua volta a pensare in modo più flessibile e innovativo. Tale tecnica, pertanto, favorisce naturalmente lo sviluppo della leadership.

Quinta competenza: la capacità di orchestrare il contributo dei diversi partecipanti alla sessione di pensiero senza imposizioni

Uno dei rischi più gravi per un leader è quello che ho trattato in un precedente articolo e in un precedente video, il groupthink.
Quando il leader, specialmente se senior con molto potere, impone esplicitamente o implicitamente il proprio punto di vista, il team smette di pensare autonomamente, e si limita a confermare ciò che il capo vuole sentire. Un leader efficace deve sapere fare emergere il contributo di tutti senza che la propria voce soffochi quella del team. Deve orchestrare, coordinare, il contributo di pensiero offerto dai vari partecipanti alla sessione di pensiero mediante l’impiego delle varie frequenze di pensiero di cui è capace il nostro cervello, e non dominarli, sovrastarli o scoraggiarli.

Il pensiero parallelo, attraverso i Sei cappelli per pensare, offre una soluzione elegante e potente a questo problema.
La facilità e la gradevolezza dell’impiego della tecnica dei Sei cappelli per pensare attenuano le gerarchie, stimolando i vari partecipanti alle sessioni di pensiero a cimentarsi nell’impiego di frequenze di pensiero che non hanno mai pensato di avere o che non hanno mai usato, in quanto pensavano di non esserne sufficientemente capaci. Chi era naturalmente portato solo a valutare rischi e difficoltà, quando utilizzerà il cappello giallo, rileverà agevolmente aspetti positivi, valori e benefici, che, aggiunti a quelli rilevati dagli altri pensatori, consentiranno al gruppo, guidato dal leader che indossa il cappello blu, di adottare, rapidamente, decisioni altamente efficaci.
Un leader che sa orchestrare invece di imporre costruisce team più coesi, più creativi, e molto più resilienti nel lungo periodo.

Con la tecnica dei Sei cappelli per pensare, il Professor Edward de Bono ha metaforicamente abbinato dei cappelli colorati alle sei frequenze di pensiero di cui è capace il nostro cervello, individuando la frequenza del cappello blu, la frequenza del cappello bianco, la frequenza del cappello rosso, la frequenza del cappello giallo, la frequenza del cappello nero e la frequenza del cappello verde. In tale modo viene consentito lo sfruttamento ottimale della nostra intelligenza, tramite questa tecnica di pensiero, e, nel caso di uso di gruppo di Sei cappelli per pensare, tutti i partecipanti al processo di pensiero sono invitati a utilizzare le loro frequenze, i cappelli, per concorrere, insieme agli altri partecipanti, all’adozione delle decisioni alle quali tale tecnica di pensiero consente di giungere in modo altamente rapido ed efficace.

In considerazione del superamento, da parte della tecnica dei Sei capelli per pensare, del cosiddetto adversarial thinking, in quanto tutti i pensatori concorrono all’adozione della decisione finale cui è preordinata la sessione di pensiero, tale tecnica viene anche denominata tecnica del pensiero parallelo.
Che cos’è il pensiero parallelo?

Come ho illustrato in altri articoli e in altri video, con il pensiero parallelo viene realizzata un’esplorazione collaborativa di tutti gli aspetti di una determinata situazione da parte di coloro che partecipano al processo di pensiero, invece che un confronto dialettico, basato sulle regole della logica, con il quale ognuno tende a fare prevalere la propria tesi ad ogni costo rispetto alle tesi degli altri interlocutori.
I pensatori si concentrano sull’argomento e non sui pensieri degli altri sull’argomento per poterli contrastare utilizzando regole logiche.
Se vi sono opzioni differenti, pensieri differenti, vengono in ogni caso recepiti, e, in particolare, chi indossa il cappello blu, che conduce, guida, la discussione, svolgerà questa attività di ricezione, rilevazione, dei vari pensieri potenzialmente in contrasto, e successivamente verranno utilizzati, nei limiti in cui si rivelino utili a raggiungere un determinato obiettivo.

Chi indossa il cappello blu invita tutti i partecipanti a partecipare, attivamente, al processo di pensiero, e si preoccupa delle prestazioni/performance di tutti, affinché ognuno possa massimizzare il proprio potenziale.

Sesta competenza: la capacità di utilizzare l’intelligenza artificiale, l’AI, come supporto strategico

Vorrei ora introdurre una competenza che sta diventando sempre più fondamentale per i leader contemporanei: la capacità di collaborare efficacemente con l’intelligenza artificiale.

Facciamo un passo indietro nella storia. Durante la prima guerra mondiale, i comandanti di cavalleria erano convinti della superiorità delle proprie competenze: sapevano cavalcare magnificamente, guidare cariche coordinate, manovrare con eleganza sul campo di battaglia. Ma quando arrivarono i primi carri armati, tutta quella maestria divenne improvvisamente irrilevante. Il comandante che si rifiutava di riconoscere i limiti del cavallo di fronte ai mezzi corazzati, che si considerava superiore al nemico per le proprie abilità equestri, veniva semplicemente travolto. Il cavallo, per quanto nobile e veloce, nulla poteva contro i carri armati.

Oggi siamo nell’epoca dell’intelligenza artificiale generativa. E la competenza fondamentale, per un leader moderno, è sapere riconoscere dove l’AI è più rapida ed efficace della mente umana, e dove non lo è. Ma non basta riconoscerlo: il leader deve anche sapere comunicare efficacemente con l’AI attraverso prompt corretti e precisi, e deve sapere ascoltare e integrare gli output che l’AI produce.

Questa competenza si collega profondamente con il cappello blu e con il pensiero strategico.
Chi indossa il cappello blu coordina non solo le persone, ma anche gli strumenti a disposizione, inclusa l’intelligenza artificiale. L’AI può diventare un potente supporto proprio per chi coordina il pensiero del team.

Nella tecnica dei Sei cappelli per pensare esistono sequenze fisse di cappelli, già stabilite dal Professor Edward de Bono per situazioni ricorrenti. Ma esistono anche sequenze contingenti e flessibili, e sequenze evolutive.
Le sequenze contingenti e flessibili partono da una sequenza fissa e la modificano in base alle esigenze specifiche: si possono aggiungere cappelli, eliminarne alcuni, o sostituirli per adattare il processo al contesto.
Le sequenze evolutive sono ancora più complesse: si parte solo dal cappello blu iniziale e si costruisce la sequenza ottimale completamente da zero, in relazione al focus specifico che si vuole affrontare.

È qui che l’intelligenza artificiale può dare un contributo straordinario.
L’AI può suggerire quale sequenza fissa utilizzare per un determinato focus, può aiutare ad assemblare sequenze contingenti personalizzate, e può supportare la costruzione di sequenze evolutive analizzando la complessità del problema e suggerendo percorsi di pensiero ottimali.
Questo potenzia enormemente chi indossa il cappello blu: Invece di affidarsi solo alla propria esperienza, il leader può integrare l’analisi dell’AI per strutturare il pensiero del team in modo ancora più efficace.

Personalmente, ho sviluppato prompt specifici che consentono di utilizzare l’AI proprio in questo modo, trasformandola in vero consulente strategico per il processo di pensiero.

Dal punto di vista del pensiero strategico, il leader deve decidere quando e come delegare compiti all’AI, riconoscendo che alcune attività l’AI le svolge con velocità e accuratezza superiori, mentre altre richiedono intuizione, empatia e giudizio prettamente umani.

Cosa vi propongo di fare

Come avete visto, queste sei competenze di leadership non sono qualità misteriose o innate: sono abilità concrete che si possono sviluppare attraverso tecniche di pensiero specifiche e scientificamente validate.

Io sono corporate trainer certificato de Bono e insegno queste tecniche attraverso tre corsi principali.

I Sei cappelli per pensare: per guidare i vostri collaboratori, coordinando il loro pensiero con il cappello blu, e adottare rapidamente, con il contributo di tutti, le migliori decisioni per il successo dell’azienda.

Il pensiero laterale: per guidare i vostri team oltre i limiti del pensiero convenzionale, generare soluzioni innovative e distinguervi come leader visionari.

Il pensiero strategico: per guidare la vostra organizzazione verso obiettivi ambiziosi con strategie vincenti.

Questi corsi sono rivolti principalmente ad aziende che vogliono sviluppare le competenze di leadership dei propri manager, ma sono aperti anche a professionisti e privati che desiderano acquisire strumenti concreti per guidare team e progetti con maggiore efficacia.

Se siete interessati ad approfondire queste tecniche e a portarle nella vostra organizzazione, vi invito a contattarmi.

Investire nello sviluppo di queste competenze significa investire nel futuro della vostra leadership e della vostra organizzazione. Vi aspetto per costruire insieme questo percorso.

Pensate a una decisione che avete contribuito ad adottare in passato in un team di cui eravate leader, impedendo o diminuendo, con la vostra autorità, il pieno contributo, al processo di pensiero, degli altri membri del team, della quale non siete soddisfatti, in quanto non ha prodotto, per l’azienda, le soluzioni e i miglioramenti che vi proponevate di conseguire, e provate a individuare quali fattori vi hanno impedito di sfruttare adeguatamente il contributo che al processo decisionale avrebbero potuto dare gli altri membri del team.

Se volete, potete condividere con me i risultati della vostra esperienza nei commenti al video che trovate in alto.

Se volete imparare a praticare le tecniche di pensiero che, come trainer de Bono, insegno agli imprenditori e ai professionisti che, vogliono ottenere risultati migliori attraverso tecniche di pensiero più efficaci, sono a vostra disposizione. Prenotate una consulenza gratuita di 30 minuti e ne parliamo insieme.